Se ci fosse un premio per gli assidui frequentatori di Instagram, di sicuro arriverei in finale. Sono iscritta dal 2013, quando ero molto più piccola, non sapevo neanche come usarlo e non avevo idea di cosa fossero gli hashtag, ma allo stesso tempo mi divertivo ad essere in contatto con il mondo intero.
Inevitabile e superfluo dire che dal 2013 ad oggi Instagram è una piattaforma del tutto diversa da cui sono nati mestieri e posizioni lavorative mai sentite prima. Le foto sgranate e scattate da una pessima prospettiva hanno lasciato il posto a post (neanche a farlo apposta) curati nel minimo dettaglio.
Dalla Chiaretta nazionale che postava le prime foto (una tentai anche di imitarla con scarsissimo successo) ai primi influencer e fashion blogger che arricchivano ogni giorno il feed di foto impeccabili, scattate da fotografi professionisti e abiti dell’ultima collezione di Armani e Prada, abbiamo provato tutti( e proviamo tuttora) ad imitarli schiavizzando amici e parenti per farci fare foto mai come quelle da copertina Vogue e allora la colpa andava( e va) sempre al fotografo di turno.
Ora, a mio avviso, è diventato facile etichettare un individuo come influencer quasi come bere un bicchier d’acqua. E’ passato un messaggio sbagliato: se hai followers allora puoi pubblicizzare e di conseguenza guadagnare. E ora non possiamo negarlo: a tutti fa piacere guadagnare quindi rinunciare ad essere pagati per una foto non passa neanche per l’anticamera del cervello e ottenere prodotti gratis da brand conosciuti non può che giovare.
Ma non è questo il punto. Ormai questa faciltà con cui si diventa influencer ci porta a non distinguere più il sottile confine tra vero e falso, ridicolo e sensato, d’inspirazione e banale. Instagram è uno spaccato della società ed una finestra sul mondo che ti permette di osservare,curiosare, commentare stando comodamente seduto sul divano o in qualsiasi altro luogo.
Seguo da sempre personaggi pubblici, influencer o anche fashion blogger e stilisti ma con dei contenuti diversi, particolari, originali, non banali. Seguo chi riesce ad avere una visione critica del mondo e ad affrontare la vita con intelligente ironia, chi scrive caption originali, degne appunto di influenzare. E credetemi, se qualcuno merita davvero il successo ed il seguito che ha non c’è invidia o cattiveria, almeno da parte mia, neanche quando vedo foto in alberghi di lusso o alle sfilate della Fashion Week. Penso piuttosto all’iter della persona in questione, a come può essermi d’aiuto e come può inspirarmi.
Ma durante le mie “esplorazioni social” il più delle volte vedo storie e post inutili, completamente modificati, con descrizioni banali e prive di senso per cui ogni occasione è buona per sponsorizzare beveroni e diuretici. Nonostante la lamentela perché l’ignorante di turno ha successo e la risata guardando le foto di chi usa filtri per avere pelle più levigata e labbra più grandi, nonostante definiamo trash le scenate di gelosia dei vip o chi sponsorizza una bevanda facendo finta di berla ma in realtà il bicchiere è più vuoto del mio portafogli dopo le vacanze, alla fine si dà seguito a questi personaggi perché è sempre più facile ascoltare chi parla di detox con filtro Lisa and lena che chi ha davvero qualcosa da comunicare.
E allora smettiamola di seguire profili insignificanti, di mettere likes a foto con dieci modifiche, a cieli con le nuvole laddove c’era un sole che spaccava le pietre e viceversa, di apprezzare descrizioni scontatissime e ai limiti del ridicolo. La qualità di Instagram dipende soprattutto da noi. Instagram non è pieno di “Chi guadagna senza lavorare” né di banalità, basta solo saper distinguere e sapersi distinguere in un mare magnum di qualunquismo.